giovedì 17 luglio 2014

Pizzata a Milano estate 2014

Ciao 
Per chi ha voglia e tempo sono Milano per lavoro dal 21 al 25 luglio.
Mi potete contattare alla solita mail che trovate sul lato sinistro nel mio blog


Ciao a tutti

martedì 8 luglio 2014

Animali usa e getta

Come gia spiegato da Mamoru abbiamo una vita fuori dal blog. La mia mi sta uccidendo. Ho comprato un terreno e sto costruendo la casa (con risultato che o ammazzo mi moglie o divorziamo visto che litighiamo per ogni cosa) e sono stato promosso ancora (con risultato che il sottoposto demototivato mi ha mollato nella merda, i giappo non sanno gestire i loro errori questo e risaputo) inoltre mi sono stati assegnati dei progetti enormi che mi stanno prendendo tutto il tempo libero.

In un momento di black out (non ho energia per pensare al lavoro, Casa e bambini) faccio questo mini post.

Ve la butto in modo semplicissimo.
L` altra sera parlavo con Aya Sugimoto (per chi non la conosce se la cerchi online)che da poco ha fondato un associazione animalista che include vari personaggi famosi, industriali e politici.
E` molto attiva nel combattere il problema dei canili giapponesi ove come gia sapete gli animali vengono accoppati in uno dei modi piu cruenti al mondo (parliamo di paesi cosi detti civili).

Ad un certo punto mi fa vedere un video in cui un figlio di puttana annega un gatto per il puro piacere di farlo, lo infila in un gabbia e si diverte vederlo affondare lentamente.
Ecco il video in questione: Questo video e` diventato virale e ha portato anche al riconoscimento del bastardo ma per chi non lo sapesse per la legislazione giapponese cani, gatti e tutto il bestiario sono associati ad oggetti.

In poche parole se uno ha una borsa e decide di tagliuzzarla a pezzi non e` perseguibile. (cosa normale credo)
Associate voi la cosa ad un cane o gatto e indignatevi.

Alcuni comuni permetto a chi che sia, che in giorni specifici presentandosi al camion dei netturbini di passaggio di consegnare il proprio cane ancora in vita per lo smaltimento rifiuti.
Conosco casi di figlie di un buona donna che buttano via il cane ogni 4 anni perche vogliono  solo cuccioli.
Li portano dal netturbino che li mette in una gabbietta e finiscono per essere processati come immondizia viva.

Realmente la situazione fa rabbrividire in questo paese.
La popolazione di cani e gatti in Giappone e` di 22,340,000 di unita. Se si compara al fatto che la popolazione di bambini sotto i 15 anni e` di solo 17,140,000 e` comprensibile che ci sono piu famiglie con animali domestici di famiglie con un bambino.

Circa 170,000 cani vengono gassati ogni anno in Giappone, non ripeto i video che trovate in vecchio post.
Vi e` una presenza enorme di Puppy mill o cosi dette fabbriche di cuccioli:
http://www.geocities.jp/klcrfamily/real_breader.htm

A volte resto perplesso dalla legislazione giapponese, mi rompo le palle se per ogni cazzata ma poi ha delle grandi mancanze in molti capi.

Aya con la sua associazione spera di poter muovere le acque visto che il Giappone avra le olimpiadi e questi sceletri nell` armadio vanno fatti saltare fuori ora che il governo ha cuore l` immagine del paese.
Passate la notizia in giro e su facebook magari qualche gruppo di pazzoidi vegani se la prende a cuore e fa diventare virale la cosa.





ps. sono a milano dal 21 al 24 e poi sono ad Numana nell` ultima settimana di Luglio con i pargoli.
Domenica 20 battesimo di Massimo a Padova



domenica 6 luglio 2014

Perché tutto quello che pensate di sapere è sbagliato (ma anche no)

Il blog purtroppo non è messo bene e la ragione è presto detta:
“abbiamo una vita fuori dall’internet” :D 
Al solito lo scritto è volutamente tagliente e polemico e se vi sentite offesi è un problema vostro, quindi non venite a stracciarvi le vesti oltraggiati.
“Se il bagno di realismo non vi piace, c’è sempre la doccia.”
Saluti.
mamoru.
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Ogni tanto, capita di ricevere qualche email dove ci chiedono cosa fare per andare in Giappone, insomma consigli per trasferirsi, per cambiare vita, per lavorare etc.
Normalmente non rispondiamo, salvo casi particolari e la ragione è semplice: qui ognuno si è fatto una vita a modo proprio. C’è chi fa la fame, chi ha fatto carriera, chi è un expat di un’azienda italiana, chi si accontenta, chi si rompe e va via verso altri paesi.
“Insomma, non si sa mai cosa rispondere perché OGNUNO FA STORIA A SE.”
Tuttavia si possono, a mio avviso, fare considerazioni basate sull’evidenza empirica e sulla logica. Quello che mi pare mancare e che stronca molti discorsi sul nascere sono:
-   -     la mancanza di autocritica
-   -     la mancanza di consapevolezza di cosa sia il Giappone.
Il primo punto si riassume in: COSA SAPETE FARE E COSA VOLETE FARE IN GIAPPONE.
Quanto al secondo punto, legato strettamente al primo, abbiamo che il Giappone è una potenza manifatturiera. E’ una nazione che si basa sull’industria, il terziario avanzato, la ricerca di base. Brevetta un sacco e se vuole sopravvivere deve, esattamente come l’Italia, trasformare materie prime in prodotti di valore aggiunto come auto, elettrodomestici, sistemi difensivi, elettronica, nuovi materiali, impianti industriali etc. Aggiungiamo che la crisi demografica, più l’astio delle nuove generazioni verso certe professioni, ha aperto un problema molto serio per un paese così conformato: carenza di tecnici a tutti i livelli.
“I governi liberal democratici sono anni che stanno pensando a questa cosa e dal 2012 con la nuova legge sull’immigrazione le cose hanno cominciato a muoversi sul serio. La macchina burocratica, più precisamente il ministero di giustizia e il dipartimento immigrazione hanno direttive ben chiare e volte a colmare il gap di cui sopra con una serie di incentivi agli immigrati qualificati.”
Tutto ciò premesso veniamo ai punti salienti di quello che ci viene chiesto e delle tante osservazioni che si sentono in giro.

VOGLIO FARE L’INSEGNANTE DI ITALIANO, IL CAMERIERE, LO SGUATTERO…
Eccoci al dunque.
Caro laureato di Ca’ Foscari (e vale per quelli di Roma, Napoli etc ovviamente) che vuoi venire a lavorare in Giappone: hai sbagliato facoltà.
Sia chiaro, la colpa non è dell’università brutta e cattiva, la colpa è tua che hai scelto di infilarti in una nicchia e la nicchia ti uccide. Interpreti, insegnanti di italiano etc ce ne sono a frotte, gente che ho conosciuto e che vuol aprire scuoladiitalianopizzeriabargelateriaviaggipergliappassionatidigiappone pure. Siete arrivati tardi e il mercato è saturo.
“Ciò non significa che non possiate farcela (qualunque cosa voglia dire) e che è impossibile, semplicemente avrete problemi, molti problemi. Da mettere pesantemente in conto. E no. Non siete speciali come vi ha fatto credere la mamma.”
Vieni in un paese basato su export, manifatturiero, progettazione e ricerca come umanista: cosa hai da offrire?
Pizza, poesia e mandolino? 
Sappi che l’Italia è uno dei tanti paesi al mondo visitati dai giapponesi, così come è un (seppur importante) produttore di alimentari, ma è comunque uno dei tanti che si trovano sul mercato giapponese. E se si vendono i vini cileni, californiani, australiani etc. tanto schifo ai locali non lo devono fare (ne ho assaggiati e son buoni, niente da dire).
"Essere italiano non è necessariamente un plus: molti hanno l'immagine del cafone donnaiolo inaffidabile col catenazzo d'oro, che non è proprio l'immagine che vorrei offrire ad un potenziale datore di lavoro"
Inoltre insegnare la lingua ha due inghippi: trovare la scuola che vi assuma (e ormai molti hanno certificazioni per l’insegnamento della lingua italiana da offrire, quindi non è più qualcosa di così speciale) scontrarvi con chi insegna IN NERO a meno di 1,500 yen all’ora o con chi lo fa GRATIS come scambio linguistico.
MA IN ITALIA FINIREI IN UN CALL CENTER!
E giustamente aggiungo. Perché l’Italia è un paese con la stessa strutturazione del Giappone, ossia export e manifatturiero a tenere in piedi la baracca, con il piccolo problema che il tessuto industriale è in collasso quasi irreversibile e la densità di aziende sul territorio è troppo bassa per reggere chiusure a catena.
“In Giappone il call center te lo sogni dato che ci sono 127 milioni di giapponesi che il giapponese lo parlano meglio di te e me.”
Dunque: quale è il tuo placing? Dove è il tuo dio?
In Giappone un perito industriale con esperienza (minimo 10 anni [1]) può lavorare tranquillamente. E non è neppure laureato, pensateci.
MA IO SO IL GIAPPONESE, L’ITALIANO E L’INGLESE!
E il mio amico algerino sa arabo e francese a livello nativo, mentre inglese e giapponese a livelli buoni con l’aggiunta dell’italiano a livelli più che dignitosi. Se il Giappone vuole espandersi lo farà, ad esempio, verso paesi di lingua araba (immigrati madrelingua non mancano tra l’atro), non certo verso l’Italia che è un mercato fermo, anche se collaborazioni ce ne sono per carità. Anzi penso che molte realtà MANIFATTURIERE italiane medio piccole potrebbero venire in Giappone se qualcuno li supportasse, dato che al di fuori di food e fashion (con alcune eccezioni) le nostre istituzioni se ne guardano bene dal dare un supporto concreto alle imprese del comparto manifatturiero.
“Pensate ad aiutare aziende italiane a venire in Giappone. Non trovate lavoro? Offritevi come consulenti esterni, metteteci di tasca vostra i quattrini e investite sulla vostra conoscenza del Giappone e del giapponese, se ci credete veramente nell’utilità di quello che avete studiato”
Mesi fa parlai coi presidenti delle filiali giapponesi di aziende italiane (meccanica e macchinari). Gente che mi ha fatto un’ottima impressione, aziende serie che investono e che qua ci son venuti con le proprie gambe decenni orsono, ma che in Giappone non hanno motivo per assumere un italiano esterno alle loro organizzazioni. Il perché è molto logico:
“Il valore aggiunto di un italiano è che porta il suo bagaglio di crescita professionale maturato nell’azienda italiana in Giappone.”
AVERE UN VISTO IN GIAPPONE E’ DIFFICILE?
Parlando con un amico svizzero che ha lavorato un po’ in giro per il mondo e con altri tecnici qui, siamo arrivati alla conclusione che no, NON E’ PER NULLA DIFFICILE. A patto che possiate offrire ciò che vogliono le imprese giapponesi.
Se un tecnico con esperienza venisse qui a studiare la lingua con un permesso di soggiorno da studente (anche 1 anno, non necessariamente i due anni precollege) può fare la conversione del permesso di soggiorno con un modulo di 4 PAGINE (due compilate dall’azienda e due dal richiedente), certificato di assunzione, status patrimoniale dell’azienda e 1 FOTOTESSERA. Poi si paga la marca da bollo di 4000 yen all’emissione.  Questo se l’azienda che vuole assumervi è di "dimensioni" decenti (ossia paga un minimo di tasse annuali e/o è quotata in borsa) è sicuro che sia in categoria 1 o 2, detto altrimenti non sono sospettati di essere delle aziende di cartapesta messe in piedi per tirare dentro immigrati.
“6 pezzi di carta e una fototessera: visto di 5 anni alla prima emissione”
Chi dice che è complicato trovare uno sponsor è, molto probabilmente, la stessa gente che lavora in scuoladiitalianopizzeriabargelateriaviaggipergliappassionatidigiappone, ossia in aziende di categoria 3 o 4, quelle maggiormente sospettate dall’immigrazione nipponica, non per nulla la documentazione da produrre si allunga a dismisura fino alla dichiarazione giurata di pagarvi il biglietto aereo e gli eventuali debiti.
“In Giappone l’azienda si fa carico delle cazzate che combinate fuori dall’orario e dal posto di lavoro.
Anche per questo alcuni nostri gentili connazionali pare chiedano ai giovini in cerca di un visto di versargli 2-3000 Euro, dato che loro tengono famiglia e non possono pigliarsi una simile responsabilità. Fatevi/gli un favore: DENUNCIATELI.”
Poi per carità potreste giocarvi la disperata carta di sposarvi con un/a locale, dopo 3 anni il visto permanente e finisce lì [2] Ma il visto senza un lavoro è solo metà del problema.
 “Volete veramente basare la vostra sopravvivenza in Giappone sul solo matrimonio (magari non troppo convinto) con un un locale? potreste avere brutte sorprese: tipo trovarvi con una bomba innescata tra le mani…”

MI ISCRIVO AD UNA SCUOLA DI LINGUA POI MI INVENTO QUALCOSA
E’ quello che fanno in molti.
La burocrazia non è un problema, scrivete alla scuola e loro vi mandano i moduli da compilare e tutte le formalità.
“Mettete in conto 1.8/2 milioni di yen per mantenervi per un anno da dichiarare all’immigrazione”
Se lavorate part time, potreste non riuscire a conciliare lo studio con il lavoro e, dipendentemente dalla serietà della scuola, rischiate che vi sbattano fuori o si rifiutino di farvi la domanda di prolungamento del permesso di soggiorno per mancanza di risultati o percentuale di presenza troppo bassa. E ricordate che la scuola vi porta via almeno 4-5 ore dalla giornata, che non è poco.
Col lavoro part time vi pagate forse i 70,000 yen di affitto in share house nel caso di Tokyo, ma mettete in conto un budget mensile MINIMO di 160,000 yen. Se invece affittate per conto vostro con contratto chintai standard di due anni (che NON  vuol dire che dovete starci due anni) potreste azzardarvi a scendere a 130/140,000 yen al mese dipendentemente da quante pieghe volete fare (includendo mangiare, bollette, trasporti etc).
LIVELLO MINIMO DI GIAPPONESE
Semplicemente non esiste. “The more the better” verrebbe da dire, dato che vivere in un paese straniero, per giunta culturalmente agli antipodi con l’Europa, non è una cosa rilassante e la lingua aiuta a girare intorno ai problemi.
Qua come caucasici facciamo la parte dei negri, nel senso che con i locali ci becchiamo tutta una serie di svantaggi e pregiudizi, oltre al fatto è molto probabile che la lingua la sappiano meglio altri asiatici (i cinesi son mediamente forti coi kanji, i koreani hanno una buona cadenza del parlato fin dai primi momenti e una grammatica molto simile).
Alcuni lavorano qui praticamente con l’inglese. Tuttavia nella stragrande maggioranza delle offerte un certo livello di giapponese viene SEMPRE richiesto: se siete tecnici si parte da N3 (per poche posizioni); normalmente chiedono il NATIVE LEVEL che non vuol dire N1 (che non è certo native level), ma ci si attesta su N2 come buon punto di partenza.
Se potete prendere una certificazione che comprovi la vostra competenza linguistica. Che non vuol dire per forza JLPT: va bene tutto quello che potete dare qui in Giappone (BJT, JTEST, stocazzo…).
“Non gliene frega nulla a nessuno di cosa vi certifichi, l’importante è che dimostriate di poter sostenere un colloquio [3] in lingua Giapponese, rispondendo pertinentemente alle domande”
Tenete presente che aziende che esportano hanno personale giapponese che parla inglese al proprio interno  se devono fidarsi di qualcuno per le traduzioni probabile che questo qualcuno sia giapponese.
TROVARE LAVORO (RIVOLTO AI TECNICI, ASTENERSI UMANISTI GRAZIE)
Se scegliete una zona come Tokyo, Yokohama, Nagoya o Osaka (centri del manifatturiero nipponico) avrete maggiore possibilità di trovare aziende in cerca di personale [4]. 

"In tre/quattro mesi di ricerca e colloqui un tecnico può arrivare ad avere un contratto di lavoro. Basta sbattersi e mettere in conto che una selezione può richiedere tre giorni, così come si potrebbe protrarre fino anche a un mese con due/tre colloqui."

Preparatevi a ingoiare merda, preparatevi a sentirvi dire in faccia che preferiscono prendere giapponesi (anche se non ne troveranno dato che sono in deficit di tecnici), preparatevi a conversazioni surreali sul fatto che sappiate o meno parlare la loro lingua (detto placidamente davanti a voi che li capite…).
Scrivetevi il curriculum giapponese (履歴書) mettendo in conto che c'è anche chi lo vuole scritto A MANO e il dettaglio delle vostre esperienze lavorative (職務経歴書), tenendo bene a mente che quando si parla di soldi si parla di LORDO. A cui togliere grossomodo un 20% di tasse statali e un 10% di tasse prefetturali e locali, oltre all’assicurazione sanitaria obbligatoria (nel caso di shakai hoken metà pagata da voi e metà dall’azienda, tra l’altro deducibile dall’imponibile delle tasse locali).
Le paghe non sono altissime per posizioni “normali” (fuori dal management), diciamo che il lordo è grossomodo quello italiano, ma commisurato al livello di tassazione e al costo della vita partire dai 4,5/5 milioni di yen all’anno non è malaccio.
“Le paghe si sono abbassate parecchio anche in Giappone, dipendentemente dal vostro stile di vita e dall’accortezza nel fare la spesa potreste risparmiare una discreta cifra ogni mese oppure non starci dentro per nulla.”
Una specie di TFR esiste, ma è facoltà dell’azienda. In pratica è una buona uscita all’atto delle vostre dimissioni.
I premi aziendali (tredicesima e quattordicesima) li prendete solo dopo il primo anno di lavoro.
I trasporti casa-lavoro sono normalmente pagati dal datore di lavoro, se non lo fanno iniziate a porvi dubbi sulla qualità/affidabilità del posto che vi propongono.
Le straordinarie sono retribuite, così come il lavoro festivo e notturno, tuttavia ci sono aziende che pretendono un forfait di ore extra non retribuite che possono andare dalle 10 alle 30 ore per mese.
Ci possono essere dei superminimi rispetto alla paga base (手当) e possono includere l’alloggio, il sostegno alla famiglia, indennità di trasferta etc. Per l’alloggio può essere offerta una sistemazione aziendale con un affitto pagato dal datore di lavoro dallo 0 al 100% (aspettatevi decurtazioni di paga minima in quest’ultimo caso).

CONCLUSIONE
Chiedetevi sempre da chi vengono certi tipi di affermazioni e ragionate sempre. In Giappone non ci sono solo pizzaioli e insegnanti di italiano, con tutto il rispetto per le suddette categorie, ma anche gente che lavora in fabbrica, in centri di progettazione e ricerca.
E' una questione di punti di vista. Con l'eccezione di Albino e pochi altri il grosso dei blogger sul Giappone hanno potuto offrire una visione parziale di quello che può offrire questo paese: sia chiaro non ci sono i tappeti rossi per nessuno, ma corsie preferenziali si. 
"Si chiama pianificazione dei flussi migratori e ci si gioca il futuro di un paese."
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[1] Il solo diploma non basterebbe per via degli anni di studio 5+3+5 = 15 anni di scuola, uno in meno che in Giappone e il visto non lo danno.
[2] a essere cattivi si potrebbe dire che una certa fetta di residenti in questa categoria, senza il  matrimonio, un permesso di soggiorno lo avrebbe visto col binocolo.
[3] Colloquio e lavoro sono comunque su due livelli differenti. I colloqui se vi preparate bene il vostro profilo e delle domande da porgli (anche banali) non è impossibile. Salvo casi eccezionali colloqui in inglese li fanno solo le partecipate a capitale straniero (外資系企業).

[4] Densità industriale impressionante. Io, che non sono nessuno, ho fatto colloqui in 2 aziende dei maggiori Keiretsu nipponici tanto per dire.